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giovedì 28 marzo 2013

DARK HEAVEN: ANGELI OSCURI SULL'ORLO DELLA NOTTE

Il fantasy urbano in un intervista a Bianca Leoni Capello, alias Flavia Pecorari e Lorenza Stroppa  


Virginia è una ragazza come tante. Va al liceo, gioca a pallavolo ed esce con le amiche girovagando per le vie solcate dai canali di Venezia. Un giorno però qualcosa cambia. Damien, un affascinante personaggio che non è quello che dice di essere si affaccia sull'universo di Virginia, mettendola di fronte a verità sconvolgenti e a un'oscura minaccia che viene da un passato molto, molto lontano....

Dark Heaven, la carezza dell'angelo (Milano, Sperling & Kupfer, 2012)

Questo potrebbe essere un riassunto dell'inizio di Dark Heaven, la carezza dell'angelo, un libro che appartiene al popolare filone del "fantasy contemporaneo" o "fantasy urbano" ed è la prima fatica letteraria della scrittrice Bianca Leoni Capello.

O meglio, delle scrittrici.

Infatti dietro questo pseudonimo si celano due amiche, appassionate di fantasy e genuine divoratrici di libri, Flavia Pecorari e Lorenza Stroppa.


Da sinistra a destra, Lorenza Stroppa e Flavia Pecorari

Gentilissime, le due autrici ci hanno rilasciato un'intervista, per parlare un po' assieme della loro esperienza di scrittrici e dell'universo del fantasy contemporaneo.

1)Cominciamo a conoscerci un po', quali sono i vostri libri, film, canzoni e animali domestici preferiti?

Libri
Lorenza: << Di libri preferiti ne ho molti, anche a seconda del periodo in cui li ho letti. Il mio libro preferito di questi ultimi anni… la saga intera di Black Friars di Virginia De Winter, ma anche Hunger Games di Suzanne Collins, Il circo della notte di Erin Morgenstern e Il giardino delle pesche e delle rose di Joanne Harris >>.

Flavia: << Sarò più romantica – ahimé - partendo con Cime tempestose di Emily Bronte, tutta Jane Austen, poi 1984 di Orwell, moltissimo Simone de Beauvoir, Memoriale del Convento di José Saramago, praticamente tutto Stephen King e The Monk di Matthew Gregory Lewis. Sul genere attuale concordo appieno con le saghe di Black Friars, Hunger games e l’autoconclusivo Il circo della notte.

Film
Lorenza:<< Purtroppo da quando ho i bambini (due figli, di 5 e 9 anni), ho poco tempo per il cinema. Prima ero veramente addicted. I miei tre film preferiti di sempre sono: Il corvo, con Brandon Lee; Nel nome del padre, con Daniel Day Lewis. Tra i più recenti ho adorato La miglior offerta di Tornatore>>.

Flavia: << Non posso, per motivi affettivi, separarmi dal film già citato da Lorenza, Nel nome del padre di Jim Sheridan e svelo il mio debole per i film di supereroi citando Watchmen e Il cavaliere Oscuro. Un altro film che ho adorato è stato Il discorso del re >>.

Canzoni
Lorenza:<< Se devo scegliere la canzone e non il gruppo allora scelgo: Patience, dei Gun’s ‘n Roses; Wanted dead or alive, dei Bon Jovi e, dei gruppi più recenti, So far away, dei Seven Avenged Fold >>.

Flavia: << Due canzoni diverse di due gruppi uguali: Don’t Cry dei Guns’n’Roses e Dry County dei Bon Jovi. Ma anche Karma di Alicia Keys e … un po’ tutto di Norah Jones >>.

Animali domestici
Lorenza: << Senza dubbio il cane, ho un cagnolino di taglia media, che volevo chiamare Napoleone ma alla fine risponde al nome di Sid (come il bradipo, l’hanno scelto i bambini). È un po’ pazzerello e non sta mai fermo ma quando si placa profuma di biscotto caldo >>.

Flavia: << Il mio affetto è diviso a metà in questo senso: ho avuto un cane meraviglioso che mi ha accompagnata per 14 anni ma anche due gatti, Cassandra e Cometì. E non dimentichiamo Virginia, una gattina trovatella grigia trovata al tempo della stesura di Dark Heaven che si è ritrovata il nome della protagonista! >>.


2) Che cos'è stato a spingervi a scrivere questo libro?
<< Io e Lorenza veniamo da un passato di esperimenti letterari “a due” privi di alcun progetto o velleità editoriale che ci hanno aiutato a crescere insieme. Ma la vera molla nel pensare a un romanzo da proporre poi alle case editrici è essere inciampate in alcuni libri di genere veramente brutti. Così ci siamo chieste: perché non provare anche noi? Avevamo due piste: una era il protagonista, un angelo malvagio; l’altra il tema della reincarnazione. Dal loro incrocio è nata la saga di Dark Heaven >>.


Dark Heaven è ambientato in una Venezia ricca di atmosfera

3) Dark Heaven è un libro che appartiene al genere definito come "fantasy contemporaneo". Quali sono le caratteristiche principali di questo filone? Cosa lo rende diverso dal genere fantasy classico?
<< Il fantasy contemporaneo nasce dopo Tolkien e i suoi epigoni. È un fantasy che assorbe molte atmosfere e argomenti dalla realtà che stiamo vivendo, ovvero da questa eterna sensazione di trovarci sull’orlo dell’Apocalisse. Isola l’elemento fantastico a creature soprannaturali spesso con sembianze umane mentre l’ambientazione medievale e magica è quasi annullata. Ha preso piede recentemente anche una nuova forma di genere, il fantasy-distopico, alimentato dal grigiore e dalla cupezza sul futuro. Ma nei libri fantasy il mondo si salva sempre, perché non dovrebbe accadere anche nella realtà? >>.

4) Potreste citarci i libri più popolari?
<< La saga di Twilight di Stephenie Meyer, la trilogia di Red, Blue e Green di Kerstin Gier la saga di Shadowhunters di Cassandra Clare, Hunger Games di Suzanne Collins, la saga di Fallen di Lauren Kate e di Black Friars di Virginia De Winter. Per il genere sono senza dubbio i più popolari >>.

5) Qual è la cosa più difficile quando ci si approccia alla scrittura di un romanzo così?
<< La costruzione narrativa: passare da un’idea al romanzo è un salto nel buio. Ci si ancora ad idee, sviluppi, punti fermi. Ma quando poi si scrive veramente tutto può ribaltarsi in un attimo per un’intuizione del momento. E poi la verosimiglianza. In particolare le parti in cui l’essere soprannaturale si rivela per quello che è. Lì c’è un alto rischio di sbagliare, di scadere nel ridicolo. Bisogna stare attenti a come viene lavorata la scena, ai dialoghi, che devono sembrare spontanei >>.

6) Realismo-magia, come si conciliano questi elementi?
<< Si conciliano e risultano credibili se siamo convinti che in fondo un po’ di magia nella vita quotidiana c’è. Certo non ci troveremo davanti uomini dalle ali piumate e bellezze mozzafiato con coda e corna che fanno incantesimi ma è innegabile che ogni giorno incontriamo angeli e demoni nella nostra vita: è tutta una questione di simbologia. Noi parliamo di bene e di male, di scelte da compiere e di vite passate. Sono davvero elementi così irreali alla fine? >>.

7) Come funziona la scrittura a quattro mani?
<< Per noi è più facile scrivere così che da sole. È uno stimolo a continuare, avendo al contempo a disposizione una critica feroce e senza veli. Da un punto di vista organizzativo noi adottiamo un criterio che è nato spontaneamente: discussa l’idea e i punti fermi, decidiamo i primi capitoli e, all’interno di questi, le scene. E poi ce le disputiamo. Poi, naturalmente, ciascuna di noi può correggere/integrare lo scritto dell’altra e ciò avviene così spesso che, a libro pubblicato, facciamo fatica a ricordarci, in alcuni punti, chi ha scritto cosa >>.

8) Quali sono i modelli ai quali vi siete ispirate? Perché?
<< Modelli inarrivabili sono senza dubbio Stephen King nella scrittura, Shadowhunters per quanto riguarda ritmo e dialoghi, Black Friars per le atmosfere. Ma è più facile dire che ammiriamo gli scrittori e i libri succitati più che parlare di ispirazione. Stile e scrittura sono (purtroppo) tipicamente nostri, diciamo che cerchiamo di affinarli sempre più seguendo strade che amiamo percorrere >>.

9) Qual è stata la cosa più piacevole nella redazione del libro?
<< La fase di editing è stata lunga e complessa. Su consiglio dell’editor abbiamo integrato il libro di alcune scene per dare risalto a certe svolte narrative o per alimentare il ritmo. Il lavoro con l’editor è stato molto piacevole, Francesca Guido (Junior Editor Sperling & Kupfer) è una persona attenta, disponibile e creativa. È un piacere lavorare con lei. E poi tutta la fase di “confezionamento” del libro, dalla scelta del titolo alla copertina è molto coinvolgente ed emozionante: ti fa sentire parte di un progetto >>.

10) La più seccante?
<< Rinunciare a qualche frase o scena “fuori target”, ma il risultato ha decisamente premiato queste scelte>>.

11) Consigli agli scrittori in erba che leggono questo blog?
<< Leggere tanto e sempre. E scrivere altrettanto. Non considerare mai un testo finito, e non innamorarsi troppo di singoli passaggi o di singoli personaggi: se è necessario tagliargli per il bene del proprio scritto non bisogna avere remore. Ricordarsi che la storia viene sempre prima di tutto (non quello che vorremmo raccontare), e che si scrive sempre per qualcuno, non per se stessi >>.

Cercate Dark Heaven – la saga su facebook e guardate il blog di recensioni fantasy delle autrici  http://www.sullorlodellanotte.com/

LE AUTRICI:
Flavia Pecorari è nata a Gorizia nel 1973; sposata con un figlio di 5 anni, si è laureata in Lingue e letterature straniere con una tesi sul romanzo gotico e lavora in ambito sociale. È vegetariana, ama i cani e i gatti, e strimpella con Lorenza un po’ di rock.
Lorenza Stroppa è nata a Pordenone nel 1974; sposata con due figli di 5 e 9 anni, si è laureata in Lettere moderne con una tesi sul Ciclo Arturiano e lavora in ambito editoriale occupandosi di ufficio stampa. Ha al suo attivo una decina di libri tradotti soprattutto dal francese per diversi marchi editoriali.

Jacopo

martedì 26 marzo 2013

Oggi parliamo di... JON KRAKAUER

Oggi vi voglio parlare di Jon Krakauer, un saggista ed alpinista esperto, nato a Brookline (Massachusetts) il 12 aprile del 1954. I suoi libri sono delle chiare e puntuali descrizioni di episodi realmente avvenuti, conditi con elementi che appartengono alla sua esperienza personale.



Nonostante le sue origini, Jon ben presto si trasferisce con la famiglia a Corvallis, in Oregon, dove il padre lo introduce (all'età di otto anni) al mondo dell'alpinismo.
Dopo essersi diplomato nel 1972 presso la Corvallis High School prosegue gli studi all'Hampshire College nel Massachusetts, dove nel 1976 si laurea in Scienze Ambientali. L'anno successivo incontra Linda Mariam Moore, che sposa nel 1980.

La sua grande passione per la montagna lo porta nel 1974 a partecipare ad una spedizione con qualche amico esploratore di cime negli Arrigetch Peaks (Brooks Range, Alaska) e l'American Alpine Journal gli chiede di scrivere un articolo riguardo questa esperienza. 
Nel novembre del 1983 abbandona il suo lavoro part-time come pescatore e carpentiere per diventare uno scrittore a tempo pieno. La sua popolarità come scrittore è dovuta in particolare all'attività giornalistica che svolge presso l'Outside Magazine.
Non so se lo sapete, ma Jon ha scritto anche diversi libri, alcuni dei quali sono diventati veri e propri best seller.

Nel 1990 esce per Corbaccio il suo primo libro, Il Silenzio del Vento (Eiger Dreams: Ventures Among Men and Mountains) nel quale racconta l'esperienza vissuta sul picco Devils Thumb, nella calotta Stikine, in Alaska.
La Cappa di Ghiaccio Stikine è un grande agglomerato di 21.876 km² a cavallo tra la regione Panhandle (Alaska) e la Columbia Britannica (Canada). Questa distesa di ghiaccio alimenta il fiume Taku che ne segna il confine settentrionale e il fiume Stikine che segna quello meridionale. Questo ghiacciaio è famoso per le sue cime pericolose ed impegnative e per le sue guglie di granito e viene considerato la versione americana delle cime della Patagonia.



Cappa di Ghiaccio Stikine
Sei anni dopo viene pubblicato da Rizzoli (uscito poi in ristampa per Corbaccio) il suo secondo bellissimo libro: Nelle Terre Estreme (Into the Wild). Il libro racconta la storia di Chris McCandless, un giovane di buona famiglia che nel 1990, dopo essersi laureato, abbandona la sua vita, la sua famiglia ed i suoi amici per viaggiare attraverso gli Stati Uniti, con l'intento di raggiungere le terre incontaminate e selvagge dell'Alaska. Ai genitori ed agli amici spiega di aver deciso di lasciare la civiltà per abbracciare la natura. Così, dona in beneficenza tutti i suoi risparmi e parte con la sua automobile (che abbandonerà poco dopo per spostarsi a piedi o in autostop). Nel corso del suo viaggio, Chris impara e capisce tante cose. Le frasi che appunta nel suo diario sono toccanti e profonde e sembrano  scritte da una persona in continua crescita ed alla continua ricerca di se stesso.
Il senso della sua scelta è espresso nella maniera più completa nel passo che lo stesso Chris sottolinea in un libro di Tolstoj:


Volevo il movimento, non un'esistenza quieta. Volevo l'emozione, il pericolo, la possibilità di sacrificare qualcosa al mio amore. Avvertivo 
dentro di me una sovrabbondanza di energia 
che non trovava sfogo in una vita tranquilla".

Dopo aver abbandonato la sua macchina, Chris decide di separarsi anche dal suo nome ed inizia a "nascondersi" dietro lo pseudonimo di Alexander Supertramp, il vagabondo padrone del proprio destino. 
Nel suo peregninare durato due anni e mezzo McCandless incontra tante persone con le quali instaura dei rapporti di amicizia forti e profondi. Una delle persone che più segna la sua esperienza è Wayne Westerberg, al quale Chris, poco prima di lasciare definitivamente la civiltà per l'immensità dell'Alaska, scrive:

"Per favore, restituisci al mittente tutta la posta che ricevi.
Potrebbe passare molto tempo prima che io ritorni al sud.
Se questa avventura avrà un esito fatale e tu non riceverai più mie notizie
sappi che per me tu sei un grand'uomo.
Ora entro nella natura,
tuo
Chris"

Qualche mese dopo l'abbandono della civiltà il suo cadavere viene rinvenuto da un cacciatore di alci. Accanto al corpo, il suo diario e un gran numero di rullini fotografici. Sulla porta dell'autobus in cui si era rifugiato, un terribile biglietto: 

"S.O.S. Ho bisogno del vostro aiuto. Sono malato, prossimo alla morte, e troppo debole per andarmene a piedi. Sono solo, non è uno scherzo. In nome di Dio, vi prego, rimanete per salvarmi. Sono nei dintorni a raccogliere bacche e tornerò stasera. Grazie. Chris McCandless. Agosto?"

Non si conoscono bene le cause della morte di Chris, le ipotesi sono diverse, ma una cosa è certa. Dalle sue lettere, dai suoi appunti e dalle sue fotografie traspare la voglia di liberarsi da qualcosa. Il suo spirito era chiaramente desideroso di vivere nuove esperienze, aveva bisogno di rimanere da solo per cercare di capire quali fossero le cose importanti della vita. La sua storia è una storia triste per l'epilogo che ha avuto, ma anche piena di felicità e di speranza. Il messaggio è semplice quanto profondo: non ci si deve mai accontentare di quello che si ha, se non si è felici. Sono le piccole cose della vita che rendono speciali le giornate e la vita di una persona. E quando una persona riesce a capire questo, è sulla buona strada per trovare la felicità.

  Miami and the Groovers, Good Things

Jon Krakauer, aiutato dalla famiglia e dagli amici di Chris, dedica tre anni della sua vita alla ricostruzione delle vicende legate al nome di Chris McCandless-aka Alexander Supertramp. 
Che cosa spinse Chris? Cosa videro in lui gli uomini e le donne che incontrò sul suo cammino? Come si legge nella quarta di copertina del libro, questa non è solo una singolare biografia, ma una parabola memorabile sul rapporto ormai tragico che lega la nostra cosiddetta civiltà alla natura che ci circonda. 

Visto che mai mi prenderanno sul serio, per qualche mese dopo la laurea gli lascerò credere che hanno ragione., gli lascerò credere che mi impegnerò a vedere le cose anche dal loro punto di vista e che il nostro rapporto si sta stabilizzando. Dopo però, quando sarà il momento, con un taglio netto e veloce li escluderò dalla mia esistenza. Una volta per tutte divorzierò da loro come miei genitori e mai più, finchè avrò vita, parlerò con uno di quegli idioti. La farò finita con loro, una volta per tutte, e stavolta sarà per sempre."
CHRIS McCANDLESS



"C'è tanta gente infelice che tuttavia non prende l'iniziativa di cambiare la propria situazione perché è condizionata dalla sicurezza, dal conformismo, dal tradizionalismo, tutte cose che sembrano assicurare la pace dello spirito, ma in realtà per l'animo avventuroso di un uomo non esiste nulla di più devastante di un futuro certo. Il vero nucleo dello spirito vitale di una persona è la passione per l'avventura. La gioia di vivere deriva dall'incontro con nuove esperienze, e quindi non esiste gioia più grande dell'avere un orizzonte in costante cambiamento, del trovarsi ogni giorno sotto un sole nuovo e diverso… Non dobbiamo che trovare il coraggio di rivoltarci contro lo stile di vita abituale e buttarci in un'esistenza non convenzionale."
CHRIS McCANDLESS




"Due anni lui gira per il mondo: niente telefono, niente piscina, niente cani e gatti, niente sigarette. Libertà estrema, un estremista, un viaggiatore esteta che ha per casa la strada. Così ora, dopo due anni di cammino arriva l'ultima e più grande avventura. L'apogeo della battaglia per uccidere il falso essere interiore, suggella vittoriosamente la rivoluzione spirituale. Per non essere più avvelenato dalla civiltà lui fugge, cammina solo sulla terra per perdersi nella natura selvaggia."
CHRIS McCANDLESS

"L'essenza dello spirito dell'uomo sta nelle nuove esperienze."
CHRIS McCANDLESS

"Un dramma toccante sui desideri del cuore umano."
NEW YORK TIMES


Da questa incredibile storia vera nel 2007 è stato tratto un film, Into the Wild, diretto da Sean Penn. Adoro Sean Penn sia come attore che come regista e credo che questo sia il suo film migliore. Un film perfetto nella sua imperfezione, girato egregiamente, con una fotografia incredibile e con un cast davvero invidiabile. 
  • Emile Hirsch: Christopher McCandless
  • Vince Vaughn: Wayne Westerberg
  • Kristen Stuart: Tracy
  • Jena Malone: Carine McCandless
  • William Hurt: Walt McCandless
  • Catherine Keener: Jan Burres
  • Marcia Gay Harden: Billie McCandless
  • Hal Holbrook: Ron Franz


Il film ha a mio parere una delle colonne sonore più belle che siano mai state scritte (o almeno, una delle colonne sonore più belle degli ultimi quindici anni), composta interamente da Eddie Vedder, leader di uno dei gruppi più famosi di Seattle, i Pearl Jam.

Eddie Vedder, Rise

Rise, Eddie Vedder

Such is the way of the world 
You can never know 
Just where to put all your faith 
And how will it grow 

Gonna rise up 
Burning black holes in dark memories 
Gonna rise up 
Turning mistakes into gold 

Such is the passage of time 
Too fast to fold 
Suddenly swallowed by signs 
Low and behold 

Gonna rise up 
Find my direction magnetically 
Gonna rise up 
Throw down my ace in the hole 

Sollevarsi, Eddie Vedder

Questo è il modo in cui va il mondo 
non puoi mai sapere 
dove mettere tutta la tua fede 
e come crescerà 

mi solleverò 
bruciando dei buchi neri nei ricordi bui 
mi solleverò 
trasformando gli errori in oro 

questo è il modo in cui passa il tempo 
troppo veloce da domare 
improvvisamente ingoiato dai segni 
guarda! 

mi solleverò 
troverò la mia direzione magneticamente 
mi solleverò 
giocherò il mio asso nella manica


Eddie Vedder, Society

Nel 1997 viene dato alle stampe Aria Sottile (Into Thin Air), che racconta della disastrosa conquista della cima dell'Everest avvenuta durante la primavera del 1996 e alla quale Jon prese parte. Lui è uno dei due sopravvissuti della spedizione. Nel suo libro, Krakauer si concentra sulle vicende di due gruppi di alpinisti esperti che presero parte alla spedizione: il suo gruppo, capitanato da Rob Hall, e quello condotto da Scott Fischer. Il 10 maggio 1996 i gruppi vengono sopraffatti da una tempesta che, assieme alle irresponsabili scelte dei capigruppo, causò la morte di diverse persone. Il libro è uno dei tre volumi finalisti in lizza per la sezione saggistica del Premio Pulitzer nel 1998. 

Nel 2003 il libro In nome del Cielo (Under the Banner of Heaven: a Story of Violent Faith) rende Krakauer il terzo scrittore bestseller nel genere della saggistica. Ancora una volta è Corbaccio che ne cura l'edizione.

Il libro esamina gli estremisti del credo religioso (in particolare quelli del fondamentalismo mormone) e la pratica della poligamia tra i fondamentalisti di questa religione. 
La maggior parte del libro si sofferma sui fratelli Lafferty, che commisero un brutto omicidio in nome della loro fede religiosa.
La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni ha criticato molto questo libro, affermando che "questo non è un libro di storia e Krakauer non è uno storico. E' un novelliere che elimina dei dettagli per far sembrare bella la sua storia. La sua tesi principale sembra essere che le persone religiose sono irrazionali e che le persone irrazionali fanno cose strane." Di contro, lo storico D. Michael Quinn ha scritto che "la tragica realtà è che ci sono state occasioni in cui i leader della Chiesa, gli insegnanti e gli scrittori non hanno detto la verità a loro conoscenza circa le difficoltà nel passato dei mormoni, ma hanno offerto invece un miscuglio di banalità, mezze verità, omissioni e smentite apparentemente oneste".



Nel 2010 Corbaccio pubblica Dove gli uomini diventano eroi (Where Men Win Glory: the Odyssey of Pat Tillman). Anche in questo libro Krakauer cerca le motivazioni che possano spiegare gli eventi che hanno portato alla tragica morte di 

Pat Tillman. Tramite un’analisi scrupolosa composta da estrapolati di diari, testimonianze e ricostruzioni in un lento crescendo sempre più profondo ed intimo facciamo la conoscenza di un ragazzo passionale, talentuoso, acuto, determinato, lunatico, talvolta irascibile, spesso permaloso e solitario. Perchè pur essendo un piacente e famoso giocatore di football ebbe una sola storia d'amore nella sua vita e rifiutò un contratto milionario per rimanere fedele alla sua squadra. Nel periodo estivo, invece di darsi alla bella vita come la maggioranza dei colleghi, era solito ritirarsi con la famiglia e si allenava per massacranti gare di resistenza: una vera sfida per un fisico massiccio come il suo. Aveva uno stile di vita morigerato senza Suv e lusso e portava sempre un libro con sé ed era affamato di storia e di sapere. 

Questo libro è anche un mezzo per parlare di altro, soprattutto della guerra in Iraq. L’autore ripercorre tra un salto temporale e l’altro la storia recente del Medio Oriente e la conseguente nascita del movimento talebano. Viene accusato il disinteresse crescente dell’amministrazione Clinton dopo la fine della guerra fredda: falsamente convinti di essere all’alba di un’era unilaterale, e senza avversari, sottovalutarono l’evolversi della zona mediorientale. (Per la recensione completa: http://www.debaser.it/recensionidb/ID_31768/John_Krakauer_Dove_gli_uomini_diventano_eroi.htm)







Prima di salutarvi, voglio lasciarvi con un'intervista che Jon Krakauer ha concesso a Larry Weissman per la rivista letteraria Bold Type. La traduzione è di Claudia Spadoni (http://www.wuz.it/intervista-libro/1824/intervista-krakauer.html )


Come hai iniziato a scrivere, qual è stata la tua formazione?
Non ho mai studiato scrittura ma sono sempre stato un lettore e ho sempre avuto il
desiderio segreto di diventare scrittore. Per la mia attività di alpinista sono stato in
Alaska per la prima volta nel 1974 a Arrigetch Peaks nel Brooks Range e ho fatto tre
salite/scalate di cime mai scalate. L’American Alpine Club ha una rivista, The American
Alpine Journal, che pubblicano ogni anno e che è una raccolta delle scalate più
importanti in tutto il mondo e mi hanno invitato a scrivere un articolo per loro a
proposito di queste scalate. Quello fu il primo articolo che scrissi. Tre anni dopo fui
pagato per la prima volta per raccontare quando scalai il Devil’s Thumb e scrissi di
questo per la rivista inglese Mountain (ora chiusa). Poi un amico e compagno di
scalate, il mio “mentore della scrittura” David Roberts, lasciò il suo lavoro di
insegnante all’Hampshire College, dove sono andato anch’io, per fare il redattore a
Horizon. Dopo un anno lasciò la rivista per l’attività freelance e mi disse come
funziona la faccenda delle lettere d proposta convincendomi a seguire il suo esempio.
Ho fatto a tempo perso il giornalista freelance per un paio d’anni e nel 1983 ho
lasciato il mio lavoro di falegname e da qual momento ho sempre scritto.

Come è stato il passaggio alla carta stampata?
Sapevo che non avrei potuto vivere semplicemente scrivendo di attività all’aria
aperta così ho fatto uno sforzo per scrivere anche di altri temi. Sono stato
falegname e ho scritto di architettura per Architectural Digest. Sono stato
pescatore così ho contattato Smithsonian a proposito di un’attività di pesca in
Alaska e mi ci hanno mandato. Ho contattato Rolling Stone per le camminate sui
carboni ardenti, le passeggiate nel fuoco ehanno deciso di farmi scrivere
rischiando. Ho provato a scrivere per i giornali locali di Seattle e ho capito che
essere pubblicati da un giornale locale è difficile quanto essere pubblicati da un
giornale nazionale e i giornali locali pagano un decimo dei nazionali, così ho detto:
vaffanculo la roba locale.  Stavo raggiungendo la quota di dieci lettere di proposta
a settimana, e lavoravo davvero sodo, ma sono stato fortunato. Siccome volevo
pagare l’affitto, non avevo grandi ambizioni di diventare un artista. Volevo
pagare quei maledetti conti, così lavoravo davvero sodo. Capii che quello che
scrivevo per Rolling Stone doveva essere ben diverso da quello per Smithsonian,
e davo loro quello che volevano, volevo vendere l’articolo. Fu utile, come scrittore,
provare voci diverse e fu anche intelligente, furbo, dal punto di vista economico.


Quali altri argomenti dei quali ha scritto  l’hanno interessato?
Il problema è che nessuno mi ha interessato come i pezzi sulle attività all’aria
aperta. Gli articoli che ho scritto per Outside magazine sono i migliori e sono tutti
sulla natura. Ecco perché la maggior parte dei testi di Eiger Dreams erano stati
pubblicati originariamente su Outside o Smithsonian. È difficile pensare a pezzi che
davvero mi piacciono e che non sono su attività all’aria aperta.


Com’è stato il passaggio dai brevi articoli per le riviste al taglio narrativo di
un libro?

È stato davvero soddisfacente. Mi piace molto fare delle ricerche e, se calcolo tutti
gli articoli, ho fatto abbastanza ricerche per scrivere un libro. In quasi ogni articolo
che ho scritto, mi sembrava di non aver reso giustizia alla storia, come se fosse
solo un commento. Così scrivere un libro e trascorrere un anno o due e raccontare
nel modo giusto la storia è davvero soddisfacente e dopo averlo fatto è difficile
tornare indietro e scrivere articoli per le riviste.


A cosa sta lavorando ora?
Sono sei settimane in ritardo su un articolo per National Geographic a proposito di
un viaggio nel cuore dell’Antartide, in un posto chiamato Queen Maud Land, dove
ho fatto delle scalate con Alex Lowe, probabilmente il miglior alpinista del mondo.


Molti lettori di Aria Sottile sarebbero sorpresi di sapere che ha fatto altre
scalate dopo essere tornato dalla drammatica spedizione sull’Everest.

Beh, sono tornato dall’Everest con dei seri dubbi sull’intera faccenda delle scalate,
ma sono molto importanti per me. Smetterò di scrivere prima di smettere con
l’alpinismo. Ho avuto un invito a fare delle scalate con il migliore e andare in un
posto fantastico con queste bellissime, enormi pareti di granito che sporgono dal
ghiaccio che nessuno ha mai scalato prima. È un’opportunità che capita una volta
nella vita, e io l’ho colta. Ho preso l’impegno con un po’ d’ansia e quando sono
partito avevo ancora più ansia ma alla fine è stato uno dei miglior viaggi che
abbia mai fatto. È stato tranquillo, la scalata era il tipo di scalata che so fare –
granito ripido, verticale, sporgente. Non c’era nulla sopra gli 11000 piedi.


Qual è stata la reazione dei suoi familiari e amici alla notizia  che avrebbe
fatto altre scalate dopo l’Everest?

Capirono. Ma per mia moglie, e non me l’ha detto finché non sono tornato, era più
difficile accettare questa scalata rispetto a quella dell’Everest. Sull’Everest potevo
chiamarla con il telefono satellitare, nell’Antartide non ci sono comunicazioni
per sei settimane. E sembrava un’escalation: prima l’Everest, poi l’Antartico...


Come spiegherebbe a una persona qualunque cosa è così affascinante dell’
alpinismo da valere il rischio?

Mi affascina perché mi importa. A differenza del resto della vita, quello che fai ti
interessa davvero e non puoi permetterti di incasinarti. Le tue azioni hanno delle
conseguenze reali. Devi essere sempre molto attento e concentrato e questo dà
soddisfazione. Senza rischio questo non succederebbe, quindi il rischio è parte
essenziale dell’alpinismo ed è difficile per alcune persone capirlo. Non ci sono
giustificazioni quando le cose vanno male e le persone muoiono. Più grande è il
rischio, più grande è il prezzo: capita anche nella vita, ma nell’alpinismo questo è
certamente vero. È come una partita a scacchi che coinvolge tutto il corpo e porta in
posti bellissimi.


Quali sono le altre attività che ama, oltre all’alpinismo e alla scrittura?

Mi piace stare all’aria aperta, sui monti o nel deserto, e piace anche a mia moglie.
Questa è una delle cose che cementa il nostro rapporto. Faccio snowboard, leggo e
scrivo. Non sono socievole. Non ho molti amici, perché sto molto via, e quando
sono a casa voglio stare con mia moglie e sono felice quando sto da solo per un
lungo periodo.


Quali sono gli scrittori che ammira di più?
Ce ne sono molti. Mi è sempre piaciuto Updike. Il mio romanzo preferito di Updike è
A Month of Sundays. Mi sono sempre piaciuti Joan Didion, E. Annie Proulx, Charles
Bowden, David Roberts, Lorrie Moore.
Probabilmente leggo più la narrativa che la saggistica, non so perché.
Leggo ad esempio un bel romanzo magico e soprannaturale come The Lives of the
Monster Dogs
 e funziona: sembra ridicolo ma è per me fantastico.


Non ha portato nessun romanzo con lei sull’Everest?
Ho portato Infinite Jest perché mi piace molto David Forster Fallace ma è stato
impossibile leggere al campo base. Il mio cervello non ci riusciva. I corrieri
portavano vecchie copie del Time o del Newsweek al campo base, ma non avevo
voglia di leggere le notizie; ero concentrato esclusivamente sulla scalata.


Come ha fatto a prendere appunti dettagliati e ricordare così tante cose
durante quella esperienza straziante?

La mia memoria è inattendibile, ma come giornalista sono disciplinato e penso che ci
voglia molto lavoro per far bene le cose: così mi sono dato delle regole. Ho riempito
nove taccuini. Avevo un taccuino grande su cui scrivevo ogni giorno e ogni
notte, registrando quello che osservavo. Ne avevo uno piccolo da reporter che
portavo con me durante la scalata, e ogni volta che mi fermavo per riposare o per
bere un bicchiere d’acqua, lo tiravo fuori dalla mia tasca e scrivevo. Avevo una di
quelle penne che scrivono anche sotto lo zero e ha funzionato. Prendevo
appunti come i fotografi scattano fotografie.

Cosa ne pensa del modo in cui i media hanno trattato questa storia?
I media sono riduzionisti per natura. Soprattutto la televisione, ma anche le riviste,
compresa la mia, l’hanno letta come “ecco gli uomini buoni, ecco gli uomini cattivi”. E
la tv ha cercato di dire “ecco la tragedia che non doveva accadere” e “Chi è da
biasimare?”. È molto più complicato. Rob Hall, per esempio, è morto, e una delle
sue guide e due clienti sono morti. Ma non biasimo Rob, e cerco di capire i suoi
sbagli, e molti di loro nascono da motivi altruistici, ma la fine fu tragica.


Cosa spera che le persone si portino dietro dopo la lettura del libro?
Volevo più di ogni altra cosa mostrare la complessità e l’ambiguità di questa
tragedia. Non è semplice, e non è semplice biasimare, e non nasce dall’avidità o
dalla stupidità della ricerca del brivido o dalla caccia al trofeo, ma è molto più
profondo. I motivi per le persone che scalano l’Everest sono, in un certo senso,
nobili, e allo stesso tempo fuorvianti. È il desiderio di andare oltre se stessi. C’è
anche molta arroganza e egoismo.
Volevo che il libro fosse un solidale e fiero ritratto dei caratteri coivolti. Volevo
raccontare la storia nella sua complessità. Che è quello che cerco di fare quando
scrivo, ecco perché sono sempre frustrato dagli articoli delle riviste.  C’è sempre una
zona d’ombra nella vita, e in gran parte del giornalismo sei costretto e condensarlo
nel bianco e nel nero e il grigio si dissolve. In un libro hai il lusso di sviluppare i
personaggi e mostrare che le persone sono sia buone che cattive, e fanno buone
cose e si incasinano.


Cosa ha pensato quando hai saputo delle morti sull’Everest quest’anno?
È stato un colpo allo stomaco, non potevo credere che fosse successo ancora.
Ha fatto riaffiorare molti ricordi.


Sono persone che non hanno imparato la lezione dall’anno scorso?
Sì, assolutamente. L’Everest è per persone molto determinate e proprio perché è
l’Everest le persone corrono rischi che non correrebbero su altre montagne. Ecco
perché questa tragedia si ripeterà ancora e ancora. È chiamata “the death zone”
per una buona ragione, è come giocare alla roulette russa.


Cosa avrebbe fatto Chris McCadless se fosse stato con lei nella spedizione
sull’Everest?

Sarebbe corso via dall’Everest. Era avventuroso ma pensava che la ricchezza
corrompesse. E delle persone che spendono 65.000 dollari per scalare l’Everest,
avrebbe pensato che si comportanto in modo osceno. Chris era un uomo che
non apprezzava le zone d’ombra e le ambiguità e si sarebbe formato subito
delle opinioni precise su di noi, e ci avrebbe puniti tutti. Posso solo immaginare 
cosa avrebbe detto... (ride).


Lei sembra avere ancora un forte legame con Chris. Che cos’è di questa
storia che la ossessiona parecchi anni dopo?

Mi identifico molto con lui, è una storia triste. Sono tornato all’autobus per la
terza volta lo scorso settembre. Sono diventato un buon amico della sua
famiglia, abbiamo questo strano vincolo. I suoi genitori sono venuti alla
presentazione che ho fatto a Baltimora pochi giorni fa, e era la prima volta che
vedevano molte di queste slide e deve essere stato difficile per loro. Molte persone
sono andate da loro per dirgli quanto ammiravano Chris, è stato molto
toccante. È molto strano per me che non ho mai conosciuto Chris; ho scritto
questo libro su di lui e i suoi genitori mi hanno ringraziato per aver spiegato
alcuni aspetti  di lui che non avevano mai conosciuto, ma io non l’ho mai
incontrato. Ai reading ad Atlanta e Nashville, la gente venne a dirmi essere andati al
college con Chris a Emory e di averlo conosciuto. E è stato molto strano.

FONTI: 
http://it.wikipedia.org/wiki/Jon_Krakauer
http://www.wuz.it/intervista-libro/1824/intervista-krakauer.html

http://www.randomhouse.com/features/krakauer/author.html
http://www.debaser.it/recensionidb/ID_31768/John_Krakauer_Dove_gli_
uomini_diventano_eroi.htm


I LIBRI


PER LE IMMAGINI:
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Elisa














mercoledì 13 marzo 2013

Oggi parliamo di.... DAVID ALMOND


Oggi vi voglio parlare di un autore di libri per ragazzi che mi piace davvero tanto. Il suo nome è David Almond. È uno dei più grandi scrittori inglesi di libri per ragazzi ed è un autore bestseller in tutto il mondo.


Almond nasce il 15 maggio del 1951 nel Newcastle, nella cittadina di Felling-on-Tyne. 
Frequenta la scuola primaria tra il suo paese di origine e Sunderland, per poi spostarsi alla scuola di lingue di Hebburn. Suo nonno era un pittore ed è proprio nel suo negozio che David capisce che sarebbe diventato uno scrittore.
Dopo la scuola dell'obbligo si laurea in Letteratura Inglese e Americana all'Università di East Anglia e, dopo la parentesi universitaria, lavora nella scuola primaria di Gateshead. 
Dopo cinque anni decide di lasciare il lavoro e si trasferisce a Norfolk, dove si dedica completamente alla scrittura e dove incontra la sua compagna di vita, Sara Jane.

I temi ricorrenti nei suoi libri sono l'educazione dei ragazzi, la natura, il difficile processo di crescita sia interiore che esteriore nei ragazzi in particolare, il cambiamento negli adolescenti.

Il romanzo d'esordio di David Almond è Skellig, edito per la prima volta in Inghilterra nel 1998. 
La storia è ambientata in una cittadina nel nord dell'Inghilterra ed è narrata in prima persona dal protagonista Michael, un ragazzino alle prese con una sorellina nata prematura e in pericolo di vita e con il difficile inserimento in un ambiente del tutto nuovo.
I genitori di Michael infatti decidono di trasferirsi in una nuova casa, prima abitata da un signore anziano. Ambedue sono molto presi dalla situazione particolare in cui versa la sorellina di Michael, così lui passa diverso tempo da solo. Un giorno decide di curiosare nel garage pericolante della casa, e al suo interno, nascosta tra gli scatoloni, trova una strana creatura dall'aspetto umano, con la voce gracchiante e l'alito puzzolente: Skellig. Adora il cibo cinese e la birra scura e sembra aver bisogno di aiuto.
Terrorizzato dalla paura di perdere la sorellina e bisognoso di dedicarsi a qualcosa di diverso, Michael decide in di prendersi cura di Skellig e si fa aiutare dalla sua nuova e strana vicina di casa, Mina. I due ragazzi, però, non riescono a capire chi o cosa sia quell'essere particolare, fino a che...

Lo trovai nel garage un sabato pomeriggio, il giorno dopo che ci eravamo trasferiti in Falconer Road. L'inverno stava finendo. Non c'era nessun altro. Solo io. Gli altri erano in casa con il Dottor Morte, in pensiero per la bambina. Era disteso al buio dietro le casse, nella polvere e nella sporcizia. Era come se fosse lì da sempre. Era lurido, pallido e secco e credevo che fosse morto. Mi sbagliavo di grosso. Presto avrei iniziato a vedere la verità, che al mondo non c'era mai stato un altro essere come lui.”

Qualche curiosità: i nomi Skellig e Michael derivano probabilmente dall'isola di Skellig-Michael, nella Contea di Kerry, in Irlanda. Mina invece è il diminutivo di Willhemina, il femminile del nome William. I genitori di Mina, infatti, sono amanti del poeta William Blake.

Eternità
Chi lega a sé una Gioia
Distrugge la vita alata;
Ma chi bacia la Gioia in volo
Vive nell'alba dell'Eternità.
William Blake

Nel 2003 il romanzo diventa una piéce teatrale per mano del regista Trevor Nunn
Nel 2008, lo stesso autore ha trasposto il suo libro in un'opera, accompagnata dalle musiche del compositore Tod Machover
Nel 2009 l'emittente televisiva SKY1 ha prodotto l'adattamento del romanzo in un film per la tv, nel quale il ruolo di Skellig è stato affidato nientemeno che (e scelta non poteva essere più azzeccata) a Tim Roth.


"Skellig è una storia meravigliosamente semplice, ma anche terribilmente complicata. è un libro per ragazzi perchè è accessibile e perchè i protagonisti sono bambini, ma credetemi, è anche un libro per voi, perchè è un libro per tutti, e l'autore lo sa".
NICK HORNBY


Il romanzo ha vinto diversi premi, tra cui nel 1999 il Withbread Award, il Children's Book Award e la Carneige Medal. è stato pubblicato in più di trenta lingue diverse.
Nei successivi sette anni altri quattro romanzi si aggiudicheranno la Carneige Medal.

Nel 2000 escono Kit's Wilderness e Occhi di cielo (Heaven Eyes). In questo volume, i protagonisti sono tre bambini fuggiti da un orfanotrofio che finiscono in una discarica, dove li salvano un vecchio signore e una ragazza, Occhi di Cielo, così chiamata perché capace di vedere "attraverso l'oscurità del mondo, la gioia sottostante". Ma da dove viene questa strana ragazza?... E cosa fare del cadavere emerso dalla fanghiglia?





L'anno successivo esce Secret Heart mentre nel 2003 The Fire Eaters, che ha vinto il Whitbread Award.

Nel 2005 viene dato alle stampe Argilla (Clay). 
Nella piccola cittadina di Felling è arrivato un ragazzo nuovo il cui nome è Stephen Rose. E' un ragazzo strano, ha la pelle lucida, uno sguardo ipnotico ed un odore nauseabondo. Non ha né genitori, né amici e si trasferisce a casa della zia Mary, da tutti soprannominata “la Matta”. Sul conto di Stephen circolano tante voci, che non sempre sono vere. Ci sono anche due ragazzi in città: Davie e Geordie, che trascorrono le loro giornate andando a scuola, giocando insieme, servendo messa come chierichetti e cercando di evitare il più possibile il bulletto della scuola, Mouldy. Davie, su consiglio di padre O'Mahoney, stringe amicizia con Stephen, che passa le sue giornate chiuso in un capanno a modellare statuette di argilla. Certo è che le strane creature che lui modella hanno qualcosa di magico...

Secondo te, è un tipo da spavento?”
Bho! È solo un ragazzino, come noi”
Come noi? Alla faccia! Ulula nel capanno, prende grumi di terra da quel cavolo di cimitero...”.
Argilla”.
Insomma, quello che è. Vive con Mary la Matta. La madre è fuori di testa, il padre è morto, il nonno è un pazzoide”.
Messa così, forse si, è un tipo che fa paura”.
Pensi anche tu quello che penso io?”
Bho””
Bhe, dovresti. Stephen Rose potrebbe proprio essere la persona che fa al caso nostro. Dai su, andiamo a bussare alla porta della Matta”.


Argilla è un romanzo tenebroso, che suscita riflessioni. Questa volta però, non ha un grazioso finale con redenzione. Il male è ancora la fuori”.
THE GUARDIAN


Divertente, misterioso, commovente, pauroso, costruito in modo impeccabile e capace di suscitare forti emozioni... un libro che anche gli adulti dovrebbero prendere in condsiderazione”.
THE SUNDAY TIMES

Nel 2008 escono Jackdaw Summer e Il Selvaggio (The Savage). Quest'ultimo è un libro accompagnato dalle meravigliose illustrazioni di Dave Mckean.
Blue Barker è un ragazzo che racconta in prima persona della perdita del padre e di come questo enorme dolore lo abbia costretto a diventare più forte e più grande. E lo fa aiutandosi con una storia di sangue, viscere e paura che ha scritto qualche anno prima (con la tipica calligrafia adolescenziale e con errori grammaticali e di sintassi).
La vicenda (quella vera) è ambientata a Saltwell, la piccola città in cui vive con la mamma e la sua sorellina Jess. Il selvaggio è “un ragazzino che viveva tra le rovine della chiesetta nel bosco di Burgess”. Sembra però che la storia di Blue abbia una vita tutta sua, di cui è protagonista proprio il selvaggio... “poi il ragazzino è uscito dalla storia e ha preso vita nel mondo intero. Blue, così, inizia a chiedersi dove si trova la linea di confine tra la fantasia e la realtà...


Nel bosco di Burgess cera un ragazzo selvatico, che non aveva una famillia e non aveva amici e non sapeva da dove veniva e non sapeva parlare. Viveva in una grotta sotto la chiesa dirocciata. Le sue armi erano le vecchie forchette e i cortelli da cucina e un ascia. Era selvaggio. Era da vero selvatico”.

Qualche curiosità: Dave Mckean è un artista di fama mondiale, vincitore di diversi premi come illustratore di fumetti libri per ragazzi e per adulti. Ha lavorato anche nel cinema, realizzando il design del secondo e del terzo film di Harry Potter e curando la regia di Mirror Mask.


I lavori di McKean hanno le qualità di un intero universo: in espansione ma contenuti, caotici ma organizzati, misteriosi ma interpretabili, comici ma seri”.
TIME MAGAZINE




Nel 2010 viene pubblicato La storia di Mina (My name is Mina) dove la protagonista è proprio lei, la Mina che abbiamo conosciuto in Skellig.
Il testo è strutturato come se fosse il diario personale di Mina, che racconta in prima persona le sue giornate e trasmette i suoi pensieri. Mina non si può etichettare. Non è una bambina come tutte le altre. É stramba, coraggiosa, ribelle. Se ne sta seduta sul suo albero ad osservare gli uccelli, il mondo, la vita. Vorrebbe stare lassù per sempre, anche se prima o poi dovrà scendere e tornare a scuola, farsi degli amici, accettare che suo padre se n'è andato. Sull'albero Mina pensa, riflette, e appunta tutto sul suo diario.


Mi chiamo Mina e adoro la notte. Tutto sembra possibile di notte, quando il resto del mondo dorme. La casa è buia e silenziosa, ma se tendo l'orecchio, sento il tum tum tum del mio cuore. Sento gli scricchiolii della casa. E il respiro leggero della mamma che dorme nella stanza accanto.
Scivolo giù dal letto e mi siedo al tavolo vicino alla finestra. Apro la tenda. In mezzo al cielo c'è la luna piena. Inonda il mondo della sua luce argentata. Splende su Falconer Road, sulle case e sulle strade, sui tetti e sulle guglie della città, sulle colline e sulle brughiere lontane. Splende nella mia stanza e su di me.
Dicono che bisogna distogliere lo sguardo dalla luna piena. Dicono che faccia impazzire.
Io invece la guardo e rido”.

In fondo alla strada sono passati dei bambini della Saint Bede. Mi hanno vista, ma ormai non ridono ne´ mi urlano più dietro. Si limitano ad alzare gli occhi al cielo e a bisbigliarsi qualche parola all’orecchio, poi se ne vanno verso la porta della loro gabbia. Se proprio fanno qualcosa. Prima invece facevano il genere di commenti che una volta la gente riservava a William Blake. Mi davano della strega e dell’originale. Mi gridavano dietro scimmia e cornacchia. L’anno scorso se la sono spassata davvero. D’estate mi lanciavano margherite urlando ‘Una margherita per Mina la rimbambita’. D’autunno mi tiravano marroni urlando ‘Un marrone per la bambina fuori di melone!’ (Il che in effetti, fa abbastanza ridere a pensarci.)
Ma ormai per loro faccio parte del paesaggio,come per gli uccelli. Sono come un palo della luce,un albero, una pietra. Che mi importa! Per me loro sono meno di niente. Non li guardo neppure.
Quelli? Pfui! Zero!”
Almond condivide i suoi temi potenti con una splendida passione controllata. Mina? È una bellissima storia che ci introduce delicatamente all'arrivo della famiglia di Michael nella porta accanto”.
DAILY MAIL
Un libro bellissimo nella sua totalità, forse meglio di Skellig”.
MARCUS SEDGWICK, THE GUARDIAN
Nello stesso anno Almond debutta in teatro con My Dad's A Birdman la cui colonna sonora è curata dai Pet Shop Boys.

Pet Shop Boys, West end Girls

In questo stesso anno vince il premio Hans Christian Andersen come miglior autore di libri per ragazzi.
Sul sito dell'autore trovate una divertente sezione, intitolata Things you didn't know about David Almond (Le cose che non conoscevo di David Almond):
  1. una volta ho stabilito il record di salto in alto della scuola, 5 piedi e 2,5 pollici
  2. ho un coniglietto di nome Bill che grugnisce
  3. sogno spesso il calcio – e tiro dei grandi calci nel sonno!
  4. Mi piace il cibo giapponese – trannè la cosa che mi è stata data al ristorante una volta... sembrava il cervello di un alieno
  5. ho preso parte a tre mezze maratone, le Runs Great North
  6. Il mio posto preferito è Swaledale nello Yorkshire
  7. mi piacciono le bici, i campeggi e gli incendi
  8. la mia prima apparizione televisiva è avvenuta a 11 anni, come chierichetto
  9. mio nonno era un allibratore (scommetteva sulle corse dei cavalli). Il suo consiglio? “Non scommettere mai!!!” E ancora “Non leggere mai romanzi! Sono solo un mucchio di bugie”.
  10. Il mio soprannome a scuola era Dai, molti amici mi chiamano ancora così.

Dicono ancora di lui e dei suoi libri:

"I libri di David Almond sono strani e selvaggi, liberi dai vincoli di troppa letteratura per ragazzi".
THE GUARDIAN

"I libri di David Almond sono creature strane e inquietanti, che sfuggono ai normali vincoli della narrativa per ragazzi. Come tutta la grande letteratura, vanno al di là di qualsiasi classificazione".
THE GUARDIAN

Consiglio a tutti i suoi libri, agli adolescenti, ma anche agli adulti... sono sicura che non ve ne pentirete!

Elisa

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